Gli Autori e gli artisti di tutto il mondo sono piuttosto preoccupati per l’uso che l’intelligenza artificiale (IA) sta facendo dei loro contenuti, non solo per la generazione di scritti, di immagini o di musica, ma anche e soprattutto per l’uso (scraping) del loro lavoro a scopi di addestramento.
Chatbot che scrivono romanzi e articoli di cronaca, generatori di immagini che creano opere “d’arte” allucinate o musica utilizzando suoni e stile di chiunque abbia contenuti accessibili su internet. La lista di cause legali in corso sta diventando piuttosto lunga e in continua crescita.
I timori rispetto alla protezione del diritto d’autore sono altresì confermati dalle notizie di migliaia di licenziamenti in tutta l’industria dell’intrattenimento e persino tra gli sviluppatori stessi (che sono a tutti gli effetti degli autori). Le questioni legali sono complesse e farraginose e questo è dovuto alla disomogeneità normativa e al vuoto che ancora in molti paesi esiste sulla protezione del diritto d’autore collegato all’intelligenza artificiale, così come i termini di licenza che i creatori di contenuti definiscono sulle loro opere in materia di addestramento delle IA.
Ora non voglio forzare il concetto di macchina senziente da cui siamo ancora molto distanti, perché le macchine non pensano o creano come gli umani, ma il fatto che oggi, conversiamo con un chatbot come faremmo con un collega che ci aiuta a programmare un nuovo software, sebbene possa metterci a disagio ci pone nella condizione di accettare, forse per la prima volta, l’idea che la macchina possa “pensare”.
Per rendere l’idea, addestrata su una porzione significativa della conoscenza umana, ChatGPT ha superato brillantemente il “test di Turing”, la famosa misura della capacità di una macchina di esibire un comportamento intelligente simile a quello umano, il giorno stesso del suo rilascio.
Da allora, i chatbot hanno superato esami di abilitazione in legge e medicina, risolto enigmi matematici irrisolti e fornito ai pazienti risposte più empatiche di quanto non lo fossero state quelle dei medici.
Partendo dall’assunto che le leggi sul diritto d’autore nascono per incoraggiare la creatività (o per scoraggiare il plagio se preferite) dovremmo iniziare a chiederci se esista una strada “nuova” per trattare l’IA in materia di copyright. Mi spiego meglio. Gli esseri umani leggono libri, ebook e fruiscono di internet per diventare più informati e per diventare “autori” migliori ma nessuno sostiene che ciò violi il copyright.
Ad esempio un artista può entrare in un museo e annotare le sue impressioni sulle opere esposte con l’obiettivo di migliorare le sue abilità artistiche e ampliare il suo repertorio stilistico e tutti concordiamo che questo approccio nell’apprendere le cose sia un “uso corretto” del contenuto di altri.
Perché, allora, dovrebbe essere proibito addestrare un’IA generativa su contenuti accessibili pubblicamente? I sistemi di IA potrebbero non apprendere o pensare come esseri umani, ma imparano, e ci piaccia o meno chiamare i loro processi inferenziali “pensiero”, mostrano chiaramente un comportamento “intelligente”.
Lasciando le questioni ontologiche associate alle origini della conoscenza umana ai filosofi (o, se preferite, ai loro chatbot imitativi), proviamo a trarre beneficio dalla IA condividendo con questa i rudimenti della conoscenza.
Per gli artisti la questione è un po’ più complessa perché lo stile non è mai stato protetto dal copyright. Oggi, chiunque è libero di assumere un artista per creare un’opera nello stile di un altro artista. Può essere di cattivo gusto ma, finché non viene copiata l’opera dell’altro artista, non esistono presupposti per un illecito sul diritto d’autore. A questo punto perché dovremmo applicare uno standard diverso ai generatori di immagini?
Come tutte le rivoluzioni tecnologiche, l’avvento dell’IA generativa sta già “generando” vincitori e vinti, ma potenzialmente su una scala più vasta e con una quota maggiore di perdenti, rispetto a qualsiasi progresso avvenuto in precedenza, a causa del numero enorme di lavori impattati. Nessuna carriera insomma è veramente al sicuro a causa della IA perché il risparmio di denaro è un imperativo pressoché universale.
Tutto questo a patto che l’arte assurga al suo compito primario di restituire unicità alla natura umana stessa, anche attraverso una “creatività” cyber-fisica di sintesi o mediata più o meno consapevolmente da macchine.
L’immagine di copertina l’ho generata con Bing Copilot. Questo il prompt che ho utilizzato: An intimate and expressive portrait inspired by Dora Carrington and Franz von Stuck. The subject should be captured in a moment of introspection or emotion, with a focus on conveying their inner world. Use soft brushstrokes and a muted color palette to highlight the depth and sensitivity of the portrait, along with Stuck’s dramatic contrasts and emotional depth –v 6 –ar 16:9