Mani avanti: non sono uno psicologo e nemmeno un creativo. Ma sto per raccontarti la storia di una riunione a cui ho partecipato ed in cui entrambe le categorie appena citate erano presenti.
Durante una recente riunione al cui ordine del giorno c’era “ricerca di nuove idee competitive per uscire dallo stato di crisi” (ancora oggi mi chiedo cosa volesse intendere per “competitive”chi ha indetto il meeting), ho partecipato ad una discussione piuttosto ambigua sul tema della creatività e su come si sarebbe potuta sfruttare per la crescita del personale e per il miglioramento dell’intera organizzazione.
In tale occasione ho maturato la convinzione che un sacco di miti spacciati per scienza o psicologia, non sono altro che un grande equivoco sul significato di creatività e soprattutto sull’impatto positivo di questa sul morale e sulle le prestazioni lavorative del personale.
Partiamo dalla definizione di creatività (una delle tante)
Nel corso degli ultimi decenni sono state elaborate fantasiose definizioni di creatività da diversi guru del management. Edward de Bono, il padre del pensiero laterale ed autore tra gli altri dell’Atlante del Pensiero Manageriale, ad esempio ha decompresso l’anatomia della creatività e ci ha raccontato come massimizzare i poteri creativi della mente spingendosi ai confini addirittura delle associazioni di idee del tutto casuali.
Il cognitivista Tony Buzan attraverso l’idea delle mappe mentali ci aiuta a comprendere i sistemi a gerarchia radiale ed i legami trasversali ed ad aumentare l’espressività. Insomma quando si tratta di capire la natura della creatività le numerose definizioni in circolazione creano, soprattutto con più di due guru creativi allo stesso tavolo, solo grande confusione.
Una semplice definizione di creatività a mio avviso è la capacità di osservare ciò che tutti vedono e poi pensare ed agire in modo diverso, creativo. Penso a Miles Davis e a Bansky (di cui trovi un’immagine in copertina di questo post).
Poi ad aumentare la confusione, verso metà riunione, al presentarsi della tragiche crisi di zuccheri di mezza mattinata alcuni manager hanno iniziato a confondere due termini che sono uno la conseguenza dell’altro: creatività ed innovazione.
Preso un caffè, che non ha effetti sulla creatività (mito che non affronterò qui), ho fatto presente che essere creativi implica la generazione di nuove idee creative mentre l’innovazione è attuazione pratica di idee creative.
A quel punto so che qualcuno tra i presenti pensava a Gigi Marzullo.
I miti
Mito 1: La creatività è un talento naturale
Realtà: Tutti sono creativi. Molte persone credono che essere creativi sia un dono che si manifesta solo in determinate personalità. In realtà, la creatività è un mix di pensiero e capacità di analisi che possono essere imparate, praticate e affinate nel tempo. Prova ad osservare i tuoi bambini o i tuoi nipoti quando effettuano giochi immaginari e di fantasia. Quella è creatività pura, che da adulti rimane mascherata da altri tipi di pensiero imparati ed affinati nel corso degli anni.
Mito 2: La creatività è per “emisferi destri”
Realtà: Si, il lato destro del cervello è più creativo ed emotivamente attivo mentre la parte sinistra è più logico-analitica. In sostanza i due emisferi, elaborano le informazioni in maniera indipendente e, tuttavia, funzionano in modo complementare per la generazione di idee veramente creative (Roger Sperry, Nobel per i suoi studi sulla specializzazione emisferica, arriva alle sue conclusioni dopo aver praticato la resezione del corpo calloso – il fascio nervoso che unisce i due emisferi-). Nel processo creativo l’emisfero sinistro si sintonizza sui fatti, raccoglie le informazioni, le analizza. Il destro fa partire le libere associazioni, sviluppa le intuizioni, tende a fluire attorno alle idee, fa incubare le informazioni. E’ la fase produttiva delle idee, quella creativa vera e propria. Poi entra in scena di nuovo il sinistro, che valuta le possibili soluzioni e le attua. Quindi i pensatori creativi usano entrambi gli emisferi.
Mito 3: Creatività significa inventare qualcosa di completamente nuovo
Realtà: Questo mito nasce dall’idea che la creatività sia sempre ed indissolubilmente legata al concetto di nuovo ed inedito. In realtà, la maggior parte delle idee creative che hanno cambiato il mondo negli ultimi anni sono derivate dalla combinazione di vecchie idee ri-editate per lavorare in un modo nuovo. Insomma è la rivincita dei brevetti di utilità su quelli d’invenzione! Prova a pensare alla tecnologia recente: smartphone, televisori intelligenti e auto senza conducente sono tipici esempi di questo principio di combinazione di idee.
In sostanza questi miti (e questo genere di riunioni) generano continui paradossi manifestando spesso gigantesche barriere alla creatività oltre che enormi sprechi spazio-temporali.
Finita la riunione, in piena crisi di zuccheri da noia, avevo la necessità di rileggere con attenzione quanto scrisse Einstein ne “Il significato della relatività”:
Non possiamo far finta che le cose cambieranno se continuiamo a fare le stesse cose. Una crisi può essere una vera benedizione per qualsiasi persona, per qualsiasi nazione, perché tutte le crisi portano progresso. La creatività nasce dall’angoscia proprio come il giorno nasce dalla notte buia. È nella crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera una crisi supera se stesso, restando insuperato.
Chi incolpa una crisi dei propri fallimenti disprezza il suo talento ed è più interessato ai problemi che alle soluzioni. L’incompetenza è la vera crisi. Il più grande svantaggio delle persone e delle nazioni è la pigrizia con la quale tentano di trovare le soluzioni dei loro problemi. Senza una crisi non c’è sfida. Senza sfide, la vita diventa una routine, una lenta agonia. Non c’è merito senza crisi.
È nella crisi che possiamo realmente mostrare il meglio di noi. Senza una crisi, qualsiasi pressione diventa un tocco leggero. Parlare di una crisi significa propiziarla. Non parlarne è esaltare il conformismo. Lavoriamo duro, invece. Facciamola finita una volta per sempre con l’aspetto davvero tragico della crisi: il non voler lottare per superarla.
Suggerimenti (che mi do e disattendo costantemente) per stimolare la tua creatività personale:
- Prova ad essere più curioso/a, leggi un sacco di libri, articoli, blog, guarda un TedX alla settimana, impara/insegna su piattaforme Mooc e, esplora il mondo, per quanto possibile al di fuori delle tue abilità essenziali.
- Chiediti sempre “perché” almeno 5 volte (Kaizen!) prima di dare per certa la risposta.
- Prova ad utilizzare il principio dell’ 80/20 per completare un’attività. Prova cioè a spendere almeno l’80% del tempo che hai a disposizione a pensare e il restante 20% per eseguire il compito. Senza “indivanarti” però! All’interno del 80%, c’è un sacco di analisi e pianificazione, lascia correre il tuo flusso di creatività.
- Rimani in collegamento con il/la bambino/a che c’è in te. Io lo faccio guardando cartoni animati e film d’animazione e costruendo “improbabili” macchine da divertimento con i miei figli.
- Quando puoi “ritorna al futuro”. Che poi è già nel passato visto che questo post l’ho scritto il 21 ottobre 2015 ma se lo leggi solo ora stai contribuendo ad una scomposizione della tessitura del continuum spazio-temporale.