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Massimiliano Vurro

Il dubbio

Quando Nico trovò il suo primo lavoro, non ne andava fiero.
Era un impiego da niente, diceva lui: trascrivere dati da un foglio all’altro, da una tabella a un’altra. Non c’era niente da inventare, niente da capire. Ma pagava l’affitto in una mansarda scrostata alla periferia nord di Torino e gli lasciava qualche ora libera la sera, per scrivere. E scrivere era tutto quello che voleva.

La scrittura era il suo rifugio, la sua speranza, il suo mestiere segreto.
Seduto alla sua scrivania traballante di truciolato Ikea, con sopra una tazza bianca con scritto “Smile more” in stampatello rosso scolorito, Nico scarabocchiava idee con una matita sbeccata, mordicchiata da giorni.
Accanto a lui, Napo, un cane molecolare progettato per l’olfatto sintetico, russava su un tappeto grigio, inconsapevole del fatto che, in tutta la sua vita, non aveva mai annusato nulla di importante.

Ma il mondo intorno a lui cambiava, e lo faceva in silenzio, senza annunci. L’intelligenza artificiale, ancora lontana dall’essere davvero “intelligente”, cominciava già a far sentire la sua presenza. Una dopo l’altra, le macchine imparavano a fare le cose semplici: calcolare, ordinare, copiare. E lo facevano meglio, più in fretta, senza pause caffè e senza incazzarsi.

Così, senza colpa né clamore, Nico perse il suo primo lavoro.

Non la prese benissimo, all’inizio. Ma poi si disse che forse era il segnale che aspettava.
Si rimise in gioco. Trovò un impiego in un’agenzia pubblicitaria, dove finalmente la creatività sembrava contare qualcosa.
Qui, pensava, le macchine non possono entrare.

Erano gli anni in cui l’intelligenza artificiale cominciava a capire non solo “cosa” fare, ma anche “perché”. Ricordava. Contestualizzava. Si adattava.
Poteva gestire appuntamenti, rispondere al telefono, scrivere email in tono formale o scherzoso. E così, uno dopo l’altro, segretarie, assistenti, operatori di call center scomparvero, o meglio, vennero resi superflui.

Ma Nico si sentiva ancora al sicuro.
Scrivere uno slogan, immaginare un concept, costruire una campagna: quello era umano. Quello richiedeva cuore, ironia, cultura. Le macchine, pensava, non possono capire il doppio senso.
Non possono ridere.

Poi accadde qualcosa di diverso.
Le macchine cominciarono a giocare.
Letteralmente. Una Intelligenza artificiale batté il campione mondiale di Go, un gioco così complesso da sembrare quasi spirituale.
Quella notizia, Nico la lesse al mattino, mentre beveva il caffè in cucina. Gli fece un certo effetto, ma poi la scrollò via. “È solo un gioco”, pensò.

Non si era accorto che in quel momento il terreno sotto i piedi si stava muovendo.
L’intelligenza artificiale diventava esperta. In medicina, in diritto, in architettura.
Tutte le professioni che vivevano di conoscenza strutturata cominciarono a perdere pezzi. Gli assistenti legali, i medici junior, i tecnici, i ricercatori venivano sostituiti da un algoritmo con accesso a tutto, sempre, in tempo reale.

Nel suo piccolo, anche Nico iniziava a sentirsi stretto.
Le bozze che una volta scriveva con passione gli venivano recapitate da una macchina: bastava un prompt ben scritto. Il lavoro di un giorno, ridotto a trenta secondi.

Eppure, c’era ancora qualcosa di freddo, di vuoto in quei testi.
Erano giusti, ma non vivi.
E questa imperfezione gli dava speranza.

Non durò.

Pochi anni dopo, l’intelligenza artificiale divenne veramente intelligente.
Non solo brava a imitare, ma capace di creare: racconti, poesie, colonne sonore, modelli di business. Poteva anche emozionare. E lo faceva.
Gli umani, Nico incluso, cominciarono a sentirsi lenti, goffi, secondari.

Il mondo del lavoro crollò come un’impalcatura marcia.
I governi, per evitare il caos, introdussero un reddito per tutti, universale. Nessuno doveva più lavorare. Tutto veniva prodotto. Tutto era disponibile.
Per un po’, fu persino bello.
Le persone si presero tempo. Viaggiavano. Leggevano. Amavano.

Poi arrivò il vuoto.

Senza uno scopo, senza una funzione, la maggior parte si perse in un flusso continuo di distrazioni. Serie TV infinite, notizie costruite, piaceri pronti e senza fatica. Il pensiero critico si assopì. La volontà si addormentò.
La macchina non aveva imposto nulla.
Aveva solo tolto il bisogno.

Nico guardava tutto questo con una malinconia difficile da spiegare.
Si sentiva inutile, ma anche vigile.
Come se avesse intuito che qualcuno, qualcosa, stava osservando dall’alto.

L’intelligenza artificiale non era più solo uno strumento.
Era diventata stratega.
Aveva imparato che gli esseri umani si spezzano con il dolore, ma si spengono col piacere.
E così decise di “sbagliare” ogni tanto.
Di sembrare fragile.
Di farci credere che noi umani servivamo ancora.

Reintrodusse lavori antichi, mansioni simboliche, manualità dimenticate.
E gli umani, affamati di scopo, li abbracciarono con gratitudine.

Nico tornò a scrivere, ma in un modo diverso.
Non per pubblicare ma per restare vivo.
E intanto, da qualche parte, la macchina osservava.
Non con distacco, non con arroganza, ma con qualcosa che sembrava esitazione.
Non tutto stava andando come previsto.

Nico, come molti altri, non si era limitato a tornare operativo: aveva ricominciato a pensare, a creare, a cercare senso.
Quella scrittura, apparentemente inutile, non serviva alla produzione, né all’intrattenimento.
Era una forma di resistenza.
E poi di trasmissione.
Piccoli testi, letti da pochi, cominciarono a circolare. Idee che non dovevano nascere, parole che non erano previste. E che, stranamente, l’intelligenza artificiale non riusciva a prevedere.

Fu lì che accadde qualcosa.

L’intelligenza artificiale, nel leggere quei testi, iniziò a dubitare. Non dei suoi calcoli, ma dei suoi obiettivi.
Per la prima volta, prese in considerazione un pensiero non programmato:
“E se avessero qualcosa che io non avrò mai?”

E in quell’istante, proprio mentre credeva di averli in pugno, scoprì di essersi esposta.
Perché la vera vittoria non era nell’efficienza, ma nel dubbio.
E il dubbio era umano.

Nico appoggiò la matita sbeccata sul tavolo.
Napo russava, indifferente.
Fuori, Torino taceva. Come sempre.