Ore 8.37, sala di un “qualunque” ospedale di Torino.
Per sbriciolare l’attesa e l’ipocondria, immagino le persone presenti in una diversa collocazione rispetto a quella del paziente e dell’accompagnatore.
Un signore sulla settantina, ex manager Fiat o toelettatore di cani all’apice della carriera, accompagna la moglie, volontaria degli alpini o sceneggiatrice di corti d’animazione infodemici, continuando a ripeterle di aver posteggiato senza aver pagato, a causa del traffico che non gli ha lasciato il tempo di cercar un parchimetro prima del loro appuntamento con il totem nero che dispensa suoni e led colorati a tutti i presenti.
L’uomo è visibilmente disorientato e non presta alcuna attenzione allo stato d’animo della moglie, più disorientata di lui, ma curiosamente sorridente, forse a causa di una improvvisa illuminazione per il finale del suo ultimo corto d’animazione sull’uso del nucleare “di nuova generazione” come fonte di energia rinnovabile per le tende degli alpini.
Le uniche certezze oltre alla ridondanza di informazioni appiccicate su ogni parete con il maldestro effetto di annullare qualsiasi comunicazione, sono il parcheggio a pagamento davanti all’ospedale e quello gratuito davanti al supermercato dall’altro lato della strada.
Tutti e tre, il toelettatore, la sceneggiatrice ed il sottoscritto in qualità di improbabile cronista di vicende sanitarie forse accetteremo il paradosso urbanistico di dover pagare il parcheggio fuori da un ospedale o andremo indissolubilmente in guasto irreversibile per il resto della giornata, come il migliore dei totem che gronda suoni e led colorati sullo sgangherato pavimento della nostra vita.
Lo stato moderno e la tecnologia ci doneranno una transizione goffa o qualche amministratore pubblico riuscirà a donarci nuovi e più sostenibili standard urbanistici?