Vai al contenuto

Massimiliano Vurro

Schiere di nanopilastri per una nuova generazione di celle fotovoltaiche

Negli ultimi anni diverse ricerche sono orientate alla manipolazione della forma e della geometria della disposizione di schiere di nanopilastri di solfuro di germanio o cadmio a sezione variabile per migliorare la loro proprietà di assorbimento ottico.
L’obiettivo è di utilizzare nanopilastri semiconduttori come  base ottica per la realizzazione di nuove celle fotovoltaiche, più efficienti e meno costose rispetto al silicio.
I primi a rivelare una tecnica mediante la quale sono stati generati pilastri dal solfuro di cadmio, materiale semiconduttore che può essere prodotto in serie in moduli flessibili su larga scala, sono stati gli scienziati del Lawrence National Laboratory  di Berkeley (Università della California) che hanno prodotto nanopilastri che assorbono la luce tanto quanto o addirittura meglio delle celle solari commerciali a film sottile, utilizzando molto meno materiale semiconduttore e senza bisogno di rivestimento antiriflesso.
L’efficienza di assorbimento dei nanopilastri è stata raggiunta mediante l’uso di una struttura a doppio diametro: in cima misura 60 nanometri di diametro con una riflettanza minima per permettere a più luce di entrare, e una base di 130 nanometri di diametro per il massimo assorbimento per permettere un maggiore tasso di conversione in elettricità.

I lavori teorici e sperimentali hanno mostrato che schiere tridimensionali di nanopilastri semiconduttori, con diametro e lunghezza ben definiti, eccellono nell’intrappolare la luce pur richiedendo meno della metà del materiale semiconduttore richiesto per le celle solari a film sottile realizzate con tellururo di cadmio, e circa l’1 per cento del materiale usato in celle solari realizzate con silicio. Ma finora l’ostacolo maggiore è stata la complessità del processo di produzione.

Questo nuovo tipo di nanopilastri è stato generato da stampi di fogli di alluminio dello spessore di 2,5 millimetri. Un processo di anodizzazione in due stadi ha permesso di ottenere una schiera di pori dello spessore di un micrometro con due diametri, piccolo in cima e largo alla base. All’interno dei pori sono poi state depositate nanoparticelle di oro per catalizzare la crescita di nanopilastri semiconduttori.

Il processo ha consentito di stabilire un controllo accurato sulla geometria e sulla forma di schiere di nanopilastri monoscritallini, senza l’uso di complessi processi epitassiali o litografici.

Questa tecnica di fabbricazione sembra molto semplice e, concettualmente, potrebbe essere utilizzata con numerosi altri materiali semiconduttori con costi di circa 10 volte inferiori agli attuali processi.